AUTONOMIA DIFFERENZIATA


"Un regalo che facciamo ai cittadini piemontesi": il presidente della Regione, Alberto Cirio, ha definito così il voto favorevole espresso il 19 dicembre dal Consiglio regionale sulla delibera per l'autonomia differenziata.


Che cosa s'intende con tale espressione che è entrata nel dibattito politico nel 2019?

L'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario consiste nella richiesta da parte delle Regioni allo Stato della gestione diretta e con risorse certe di competenze su determinate materie sulla base di una potestà riconosciuta dall'articolo 116 della Costituzione dopo la modifica avvenuta con la riforma costituzionale del Titolo V approvata nel 2001.

Il tema si è imposto al centro del dibattito politico a seguito delle iniziative intraprese da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna nel 2017. Dopo aver sottoscritto tre accordi preliminari con il Governo a febbraio 2018, su richiesta delle tre regioni, il negoziato è proseguito ampliando il quadro delle materie da trasferire rispetto a quello originariamente previsto. Nel frattempo altre regioni hanno intrapreso il percorso per la richiesta di condizioni particolari di autonomia.


Buone e cattive ragioni a sostegno

La materia è fortemente divisiva. Semplificando al massimo, il dibattito ruota attorno a tale questione: l'autonomia differenziata accresce gli squilibri territoriali già strutturalmente presenti sul territorio italiano oppure essa può fungere da stimolo ad una maggiore responsabilizzazione delle classi dirigenti locali? Come armonizzare le competenze dello Stato centrale e delle periferie locali?


Secondo Floriana Cerniglia e Gianfranco Viesti le intese raggiunte dal primo governo Conte (maggioranza Lega-Movimento 5 Stelle) con Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna andrebbero radicalmente riviste in quanto le materie richieste sono tantissime, vertono su temi fondamentali per lo Stato come la regionalizzazione dell'istruzione, la cessione al demanio regionale di fondamentali infrastrutture, l'integrale disponibilità di tutte le risorse per le politiche industriali. Ma anche salute, previdenza, lavoro, energia, paesaggio, beni culturali, ambiente, rifiuti, territorio, acque, protezione civile, fino addirittura alla gestione dei flussi migratori nel caso del Veneto. Inoltre i meccanismi di finanziamento sono dubbi.

Andrea Ballabio e Donato Berardi, invece, hanno sottolineato come il riconoscimento di una maggiore autonomia a Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto sulle questioni ambientali sarebbe un premio alla loro capacità di trovare soluzioni efficienti. Tali buone pratiche dovrebbero essere estese al resto della nazione fungendo da positivo stimolo per tutti i soggetti in causa.



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Professore di riferimento: Vincenzo Luca Sorella 
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